Si
segnala un'importante sentenza dell'allora Giudice di Pace Dott.
Claudio Cattani,N.8982/09 R.G. Affari Cont. tra B. Dott. L.,attore,e la Compagnia telefonica V. O., convenuta, nella quale l'attore
chiedeva di accertare e dichiarare la convenuta responsabile della
disattivazione della di lui utenza telefonica e,conseguentemente, il
risarcimento delle spese di riattivazione della linea telefonica e
dei pregiudizi sofferti, per effetto della di lei condotta indebita,
anche a titolo di danno morale ed esistenziale.
Il
Giudice di Pace Dott. Claudio Cattani accoglie le domande dell'attore
e condanna la convenuta a risarcirgli i danni nella misura di Euro
96,00= quanto alle spese di riattivazione e di Euro 400,00= quanto al
danno non patrimoniale, oltre alle competenze di giudizio .
Nella
motivazione il Giudice di Pace Dott. Claudio Cattani afferma che:
il
diritto azionato in giudizio è proprio dei consumatori;
il
codice del consumo spezza il nesso tradizionalmente intercorso tra
geografia e codici ;
la
tecnica del codice "di settore", laddove è coordinamento
di discipline comunitarie, amplia, sotto il profilo sostanziale, la
geografia del codice di là dai confini nazionali;
il
contenuto minimo prescritto dalla legge comunitaria valorizza le
clausole generali, sottolineando, in relazione alla nullità della
clausola "vessatoria" (aa. 33 e 36 Codice applicando) che
"equità" e "buona fede" non perdono la loro
coerenza al sistema e sono in grado di determinare la nullità della
previsione negoziale;
i
presupposti della qualifica di "vessatorietà" sono:
l'iniquità dello scambio a livello di atto, la violazione delle
norme di correttezza nella formazione del contratto a livello di
comportamento;
il
codice predetto non è in contrapposizione, bensì convive, con leggi
di pari grado, sotto il profilo delle fonti, nonché con altre
discipline quali la normativa in tema di subfornitura, che ha
scolpito la figura del "contraente più debole",
espressione della tendenza alla restrizione degli ambiti
tradizionalmente riservati al potere di autodeterminarsi dei privati;
ciò
determina, attraverso un controllo del contenuto contrattuale
finalizzato a garantire un equilibrio sotto il profilo sia normativo
che economico, una limitazione dell'autonomia privata;
l'art.36
del Codice del Consumo, in contrapposizione all'orientamento classico
che riconduce la nullità al momento di formazione del negozio e non
ammette una nullità successiva sopravvenuta, capovolge il sistema
delle nullità facendo sì che le norme imperative, destinate a
sostituire le clausole difformi, producano i loro effetti ove
intervengano posteriormente alla formazione del contratto;
in tal
modo si è fatto carico di non sopire l'esigenza del rinvio
all'art. 41 COST, ossia all'utilità sociale ed al perseguimento dei
fini sociali, ora formalizzata dalla legislazione comunitaria
attraverso il meccanismo delle cd. "nullità relative" ,
teso a non estirpare l'intero contratto dalle proprie radici, ma ad
innestare quegli elementi che, una volta trapiantati laggiù,
permettono di superfluizzare la circostanza che il contratto sia
stato concluso prima o dopo l'entrata in vigore della legge;
la
Corte di Giustizia CE( sentt. 10/01/85,Causa 229/831 Leclerc/Au blè
veri, 29/01/85, causa 251/83, Cullet/Leclrerc) ha sostenuto che, per
quanto le disposizioni di cui all'art.85 del Trattato riguardino il
comportamento delle imprese e non provvedimenti legislativi o
regolamenti degli Stati membri, questi erano,ciononostante, tenuti ,
in forza dell'art.5,secondo comma del Trattato, a non pregiudicare
mediante la loro legislazione nazionale, l'applicazione piena ed
uniforme del diritto comunitario, e l'efficacia degli atti di
esecuzione di questo o ad astenersi dall'emanare o dal mantenere in
vigore provvedimenti, anche di natura legislativa o regolamentare,
che possano rendere inefficaci le regole comunitarie;
il
quadro sinottico di riferimento deve far perno sul concetto di "buona
fede": quest'ultima involge tanto il profilo soggettivo, per
essere la condotta del contraente valutabile se viziata oppure no da
errore o da ignoranza di certi atti o norme rilevanti, quanto il
profilo oggettivo, avendo riguardo agli "obblighi di protezione"
(compreso quello di informazione).dimodoché il giudice,
ogniqualvolta, in considerazione della natura della prestazione
dedotta nel contratto, evidenzi una relazione tra le parti contraenti
tale da far scorgere un'esigenza di "protezione della persona o
del patrimonio di uno dei contraenti, ben può avvalersi dello
strumento offertogli dalla legge, anche quando manchi una norma
specifica a corroborare il contratto, potendo sovrapporre i diversi
significati del principio di "buona fede", come fonte di
integrazione del contratto, da un lato,e , come criterio di
interpretazione della volontà contrattuale , dall'altro, vieppiù,
come criterio regolatore per asseverare la rilevanza di circostanze
sopravvenute che sconvolgono il panorama sinallagmatico";
nella
fattispecie, vertente in terna di contratto"prepagato", al
cliente devono essere portate a conoscenza quelle determinazioni
quali"regolamento di servizio", "condizioni di
servizio", o "carte del servizio", intrise di offerte
di profili od opzioni tariffarie che, ancorché predisposte
unilateralmente dal gestore, per il fatto che tramite "brochure"
debbono essere poste al cliente per la di lui consultazione, devono
essere controllate e controllabili, in sede di giudiziale vaglio,
mediante allegazioni rispettivamente a carico dei Disponenti;
il
contratto in questione è un contratto di somministrazione o di
fornitura ad esecuzione continuate (arti 59 C.C.) di natura
sinallagmatica e ad effetti obbligatori per le parti, sicché alla
prestazione di una parte deve sempre corrispondere la
controprestazione dell'altra, per cui laddove manchi la prima anche
la seconda viene meno (T.A.R. LAZIO,III, 27/02/08, n.1775); .
le
schede prepagate , le quali vanno considerate un contratto(cfr.
Considerando 13 della direttiva 2002/58/CE); constano di due aspetti
(erogazione del servizio/ricariche) che non possono essere disgiunti,
dovendo convergere in uno schema contrattuale unitario: uno dei
soggetti assolve subito alla sua obbligazione, l'altro spalma nel
tempo la propria; a fronte di una prestazione istantanea
(prepagamento) ve ne è una differita o periodica (erogazione del
servizio )=cfr. TRIB: ROMA IX SEZ. , in Corr. Merito, 2008,
fasc.8-9-920—;
la
somma di danaro preversata viene effettivamente incamerata dal
gestore solo con l'utilizzo del servizio, rimanendo le somme nella
titolarità dell'utente, che può decidere di cambiare gestore,
trasferendo il proprio credito residuo altrove, oppure richiedere la
restituzione del credito alla scadenza della tessera;
effettivamente
il cliente eroga una somma a credito dell'erogatore per godere di
svariati servizi di telecomunicazione a condizioni economiche
vantaggiose; la loro allettante promozione non rende avvertibile al
cliente la transitorietà dell'offerta. ed in tal senso gli erogatori
si premuniscono con clausole modificatrici delle condizioni
economiche;
ma è
di meridiana evidenza come, proprio a questo punto, entrino in gioco
le norme di "protezione" a tutela del contraente " più
debole", non necessariamente inglobante la figura del
"consumatore", per cui il potere di riequilibrare"
giudizialmente" il disvalore " non iure" e "contra
ius" è la riprova di come il diritto soggettivo sia coniato
come potere da parte di un soggetto di ottenere giudizialmente"
la tutela della di lui pretesa;
nel
caso di specie non è stata provata la stipulazione, la conclusione
del contratto, né l'offerta. mentre ,invece,è stata provata la
mancata accettazione da parte dell'attore, la disattivazione della
linea telefonica da parte della convenuta, i nocumenti e l'aggravio
patito dall'attore, il lungo intervallo tra la disattivazione e il
riallaccio della linea;
il
danno non patrimoniale è stato riconosciuto sulla scorta del
pensiero della S.C. SU,n.26972/, perché ricondotto all'alveo di cui
all'art.2 della Costituzione, ossia quale diritto inviolabile
costituente patrimonio irretrattabile della personalità umana
(C.COST., 28/07/83, n.252);
il
giudice ha accertato l'effettiva consistenza del pregiudizio
allegato, individuando quali ripercussioni negative sul valore umano
si siano verificate e provvedendo alla loro integrale riparazione il
calcolo dell'importo liquidato non è fondato su tabelle od equazioni
previgenti alla sentenza dei Giudici di legittimità, bensì ancorato
al criterio equitativo"puro" ( senza superamento della
soglia di arbitrarietà di cui all'art. 226 C.C.) tenendo conto dei
parametri che attengono alla:
a)
personalità del soggetto leso, b) interesse violato, c) alterazioni
provocato dal fatto antigiuridico, anche nella sfera interpersonale e
familiare del danneggiato(CORTE DI APPELLO DI MILANO, 14/02/03.RCP,
03,798), d) natura degli effetti descritti dalla parte lesa e globale
valutazione dei medesimi sull'interessato, seguendo quel canone
descrittivo tacciato dalla CORTE DEI CONTI ,10/01/05,n.3 e dal
TRIBUNALE DI IVREA, 03/04/04, TRIBUNALE DI PADOVA, 24/11/03,
TRIBUNALE DI REGGIO EMILIA , 22/02/05, TRIBUNALE DI AGRIGENTO,
04/06/01).1
Commento sentenza “telefonia” del Giudice Claudio Cattani
Quanti
di noi, vittime di un disservizio, hanno presentato un reclamo a cui
non hanno ricevuto risposta o, quasi peggio, un commento
standardizzato da parte di un burocratico Servizio Clienti in cui il
Produttore esprimeva il proprio “dispiacere” ma, in concreto,
nulla provvedeva.
Il
fenomeno e’ più esteso di quanto si pensi (nel solo settore
turistico, ad esempio, sono circa 120.000 i reclami estivi degli
italiani coinvolti in disservizi) e trova conferma nelle numerose
sentenze dei diversi settori della giurisprudenza: dalla Corte di
Giustizia Europea che, ad es. di recente si e’ pronunciata in tema
di inquadramento delle c.d. polizze vita “indexlinked” o
“unitlinked” nel novero delle polizze vita, con le garanzie che
ne derivano (sentenza 01-03-2012, C-166-11) in linea con
l’affidamento del consumatore-sottoscrittore, alla Corte di
Cassazione Italiana, ai Tribunali ed infine ai Giudici di Pace.
La
sentenza in materia di telefonia del Giudice di Pace di Genova, avv.
Claudio Cattani, di cui al procedimento R.G. 8982/2009, sebbene di
contenuto economico “simbolico” (€ 96, quanto alle spese di
riattivazione dell’utenza ed € 400 quanto al danno non
patrimoniale) si nota per gli aspetti di “qualità” dei rapporti
tra produttore e consumatore che in essa sono trattati. La questione,
di per se apparentemente banale, sorge tra un consumatore MB che
nonostante abbia provveduto all’acquisto di una carta telefonica
pre-pagata si vede “tagliare” la linea dall’operatore VO e
ricorre per ottenere un risarcimento al Giudice di Pace, il quale non
solo riconosce il risarcimento in se, (danno patrimoniale) , ma,
anche, il risarcimento per il disagio e lo stress subito dal
consumatore a causa dell’ingiustificato prolungato disservizio
(danno non patrimoniale)
Il
Giudice nell’iter logico-giuridico che porta alla pronuncia della
sentenza esordisce ricordando che la materia è regolata dal Codice
del Consumo (d. lgs. 06-09-2006) che determina una limitazione
all’autonomia privata, tutelando il c.d. contraente debole.
L’orientamento
favorevole al consumatore si spiega in linea teorica con
l’affidamento che quest’ultimo ha riposto, a parità di prezzo di
altre offerte concorrenti, negli ipotizzati benefici derivanti
dall’acquisto di quel bene o servizio e tale affidamento va in
special modo tutelato.
La
pronuncia fa riferimento all’inefficacia delle clausole vessatorie
presenti nel contratto ed invocate a discarico di sua responsabilità
dal Produttore e, viceversa, alla protezione accordata al consumatore
dagli artt. 33, 34 ed in particolare, 36 (nullità di protezione) del
Codice del Consumo che fa riferimento ad una nullità successiva alla
stipula del contratto. Questo assunto è di notevole importanza
poiché l’approccio tradizionale all’individuazione dei c.d. vizi
del contratto, intanto considera le parti in posizione di
equivalenza, poi guarda alla genesi dell’accordo vale a dire alla
sua formazione ricercando l’autentica volontà delle parti, ma non
al suo concreto divenire.
E’
probabile infatti che in fase di esecuzione del contratto l’insorgere
di una qualche anomalia (prodotto o servizio difettoso) se da un lato
richiede una soluzione “alla pari” che tenga effettivamente conto
delle esigenze del consumatore in buona fede, di fatto si risolve con
una mancata risposta o con la soluzione “imposta” dal produttore.
E’
evidente la necessità di un cambiamento di passo
nell’interpretazione dei contratti commerciali che tenga conto del
passaggio epocale del secondo millennio: dalla “standardizzazione”
di matrice “fordista” alla “personalizzazione” del prodotto e
del servizio propria dell’era della “information technology”
che 2
stiamo
vivendo. L’inclusione del corretto contenuto informativo potrebbe
condurre, come vedremo, alla individuazione di un “nuovo” e più
equo contratto.
Il
produttore che nella fase di prevendita e vendita appare attraverso
la pubblicità e l’organizzazione di vendita, anche avvalendosi di
internet, così vicino, flessibile, disponibile, erogatore di
allettanti vantaggi, altrettanto inaccessibile, rigido, burocratico,
e di dubbia convenienza, diventa nel post-vendita.
Il
Giudice ha nella sostanza stigmatizzato questo comportamento facendo
riferimento ai più alti valori europei in materia di diritti delle
persone e dei consumatori: la tutela della buona fede e
dell’affidamento del contraente debole. Tale riferimento non assume
più un valore “tendenziale”, cioè di auspicio a cui uniformarsi
per il futuro, bensì concretamente “riformativo”: con immediato
intervento sulla dinamica esecutiva del contratto. Il “principio
di buona fede”
argomenta il Giudice “involge
tanto il profilo soggettivo, per essere la condotta del contraente
valutabile se viziata oppure no da errore o ignoranza di certi fatti
o norme rilevanti, quanto il profilo oggettivo, avendo riguardo agli
“obblighi di protezione” (compreso quello di informazione) …“.
Tale
obbligo e’ rimarcato dall’art. 36, comma 2, Codice del Consumo,
che prevede,lett. C, la nullità delle clausole che , quantunque
oggetto di trattativa, abbiano per oggetto o per effetto di prevedere
l’adesione del consumatore come estesa a clausole che non ha avuto
di fatto la possibilità di conoscere prima della conclusione del
contratto e, al comma 3, la rilevabilità d’ufficio della nullità
stessa da parte del Giudice.
Il
Giudice assume in questa prospettiva un nuovo ruolo nella regolazione
dei contratti commerciali e quindi dei rapporti economici cogliendo,
in interpretazione europeisticamente orientata, come fatto in questa
sentenza, l’opportunità (dice il testo di legge che la nullità
“può” essere rilevata) di intervenire nell’esecuzione del
contratto determinando le prestazioni dovute dal produttore, in linea
con le legittime aspettative pre-contrattuali del consumatore. Si
tratta di un ruolo pro-attivo non solo di limitazione dell’autonomia
privata quanto “precettivo” di “legal suasion”,
nell’accezione anglosassone “as means to strengthen the position
of collectivity” , nei riguardi del produttore riformando il
contratto a vantaggio del consumatore.
Peraltro
anche il nostro codice civile, letto in chiave di diritto europeo,
presenta una norma: l’art. 2932 (esecuzione specifica dell’obbligo
di concludere un contratto) che, nella prospettiva di rendere
efficace come detto in sentenza “la
protezione della persona o del patrimonio di uno dei contraenti”,
si
presta, ad avviso di chi scrive, all’ intervento giudiziale nel
contratto. Si tratta di operare quel passo interpretativo che puo’
portare alla “personalizzazione” del contratto “standard”: a
ben vedere tale contratto se affetto da clausole vessatorie, che si
affiancano al gap informativo del consumatore, può considerarsi un
preliminare, anche nell’ambito dei contratti di somministrazione,
il cui definitivo risulta come conseguenza sistematica di sviluppo ed
integrazione giudiziale (meglio se conciliativa) del reale contenuto
negoziale, espressione degli obblighi assunti dalle parti, secondo
diritto. ( V., in questa ottica, Cass. 18050, Sez. II, 19-10-2012,
che sancisce a proposito: La
sostanziale identità del bene oggetto del trasferimento costituisce
elemento indispensabile di collegamento tra contratto preliminare e
contratto definitivo). A
ciò può provvedere il sistema normativo, europeo ed interno,
regolante i diritti della persona e la funzione sociale dell’impresa
che risponde pertanto non solo sotto il profilo della responsabilità
civile classica ma, anche, sotto il profilo della nuova “corporate
social responsibility”.
Genova,
21-05-2013
Avv.
Salvatore Obino
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